Un grande ego, un uomo piccolo…
La strada sarà probabilmente ancora lunga prima di approdare a un faccia a faccia che riesca a fare piazza pulita di rancori e incomprensioni. Ma Gianfranco Fini ce la sta mettendo tutta per ricostruire un minimo di rapporto all’interno del Pdl con Silvio Berlusconi. Ieri, finito l’interrogatorio di Carmine Spatuzza al processo di Torino, il presidente della Camera ha commentato la vicenda con parole che non sono certo sfuggite al premier. Di più, Fini ha anche provato a ironizzare su quel «fuorionda» che gli era stato carpito da una telecamera a Pescara il 6 novembre, quando aveva parlato di «bomba atomica» per le rivelazioni del pentito di mafia.
«L’atomica amplificazione mediatica delle dichiarazioni di Spatuzza — ha detto il presidente della Camera — non deve far passare in secondo piano un elementare principio di civiltà giuridica: senza riscontri puntuali e rigorosi, che è dovere dei magistrati individuare, le accuse restano soltanto parole».
Insomma un intervento tutto giocato a favore del premier, dopo che sulla vicenda erano intervenuti altri due finiani doc, Amedeo Laboccetta e Fabio Granata. Segno che tra i due, anche se resta forte il malumore di Berlusconi per «l’incidente», l’atmosfera è più distesa. E a spiegare che Fini non vuole assolutamente fare la guerra al Cavaliere e che anzi i due si troveranno presto uno accanto all’altro, ieri ci ha provato anche Alessandro Campi, l’uomo più vicino in questo momento al presidente della Camera, quello che più di altri ne interpreta il pensiero politico.
«Le parole concilianti pronunciate dal Cavaliere, che ha negato qualunque competizione con Fini — ha scritto in un articolo su Il Mattino — fanno pensare che forse qualche dubbio ha cominciato a insinuarsi nella sua testa circa le reali intenzioni di quest’ultimo, che per essere un complottista ha in effetti il difetto di parlare sin troppo chiaro. Il che significa che siamo probabilmente lontani dalla resa dei conti immaginata dai giornali ma caldeggiata anche da qualche berlusconiano troppo zelante e su di giri. A voler scommettere su ciò che accadrà l’impressione perciò è che non ci sarà nessuna rottura traumatica. È più ragionevole pensare invece a un leale compromesso politico all’insegna del motto “unità nella diversità “».
«Fini ha le sue idee, meno strambe di quanto possano apparire e comunque funzionali a un partito con le caratteristiche del Pdl, che sin dalla sua fondazione ha ambito a rappresentare una vasta porzione della società italiana — prosegue Campi — Fini è convinto, più di ogni altra cosa, che il Pdl debba negoziare su nuove basi il rapporto di alleanza con la Lega, ritrovando la sua capacità di indirizzo politico. Berlusconi pensa che ci si possa fidare ciecamente di Bossi. È una divergenza politica vera, ma non sufficiente per mandare all’aria un rapporto politico che dura ormai da quindici anni. Insomma, toccato il fondo nei loro rapporti, a causa anche di troppi malintesi, spesso interessati e montati ad arte anche all’interno stesso del Pdl, un’intesa tra i due appare più vicina».
E a questa intesa stanno lavorando proprio gli uomini che sono vicini ai due leader. Certo, per il momento Silvio e Gianfranco rimangono distanti, non ci sono state telefonate, non ci sono ancora ipotesi concrete per un incontro. Però un riavvicinamento è nelle intenzioni di entrambi. Anche perché bisogna ancora chiudere la partita delle candidature per le regionali. Nel Pdl se ne ricomincerà a parlare da mercoledì e quella sarà l’occasione per riaprire il dialogo tra i due leader. In ballo ci sono i nomi da gettare nella mischia nella sfida per il Lazio, la Campania, la Liguria, il Piemonte e il Veneto.