Mozione di divieto di costruzione di Centrali Nucleari, impianti per la produzione del Combustibile Radioattivo e siti per il deposito Scorie Radioattive
In questi giorni abbiamo assistito ad un continuo cambio di rotta sul Nucleare. Prima il Governo ha varato il piano per costruire Centrali Nucleari, impianti per la produzione del Combustibile Radioattivo e siti per il deposito Scorie Radioattive. Poi ha stoppato il piano a causa del disastro nucleare in Giappone. Ieri ha eliminato l’articolo della legge che era sottoposto a Referendum cercando di far saltare la votazione. Oggi Berlusconi dichiara che il futuro dell’Italia è il Nucleare.
Penso che tutti gli Italiani debbano fare la propria parte. I cittadini devono andare a votare al Referendum per stoppare il nucleare. Gli amministratori devono bloccare il piano di costruzione nei propri Comuni di Centrali Nucleari, impianti  per la produzione del Combustibile Radioattivo e siti per il deposito Scorie Radioattive e chiedere a gran voce che tutti quei miliardi di euro siano spesi per le energie alternative che sono rinnovabili e non inquinano.
Io lo faccio per la città di Perugia, basta che in ogni comune un Consigliere faccia lo stesso, in questo modo ci salviamo tutti!
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PREMESSO che:
– Lo sfruttamento dell’energia nucleare in Italia ha avuto luogo tra il 1963 e il 1990. Le centrali nucleari italiane sono state decommissionate a seguito di un referendum nel 1987.
– Per quanto riguarda gli impianti in costruzione e quelli pianificati, fu interrotto il cantiere della centrale di Montalto di Castro la cui area, sfruttando le prese per l’acqua a mare già realizzate, venne poi riutilizzata per la realizzazione della Centrale termoelettrica Alessandro Volta mentre per il progetto della seconda installazione di Trino era stato solo individuato e predisposto il sito che fu in seguito impiegato per l’approntamento della Centrale termoelettrica Galileo Ferraris a gas a ciclo combinato.
Le centrali nucleari completate ed entrate in funzione in Italia furono le seguenti:
– Latina Borgo Sabotino (LT) Magnox 1º novembre 1958
– Garigliano Sessa Aurunca (CE) BWR 1º novembre 1959
– Enrico Fermi Trino (VC) PWR 1º luglio 1961
– Caorso Caorso (PC) BWR 1º gennaio 1970
Dal 1999 tutti i siti di queste centrali sono di proprietà e gestiti da SOGIN e, assieme agli altri complessi nucleari presenti sul territorio italiano, sono in fase di smantellamento e programmati per essere rilasciati all’ambiente senza alcun vincolo radiologico entro il 2030.
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Sull’utilizzo di energia nucleare e centrali nucleari va VALUTATO che:
– Effetti negativi sulla salute:
Una indagine sugli effetti delle centrali sulla salute è stata realizzata dall’Ente governativo tedesco per il controllo radioattivo esaminando tutti i 16 impianti nucleari presenti sul territorio tedesco in relazione all’incidenza dei tumori tra i bambini è emersa una correlazione diretta tra il rischio di essere colpiti da leucemia in bambini con meno di cinque anni. I bambini che vivono entro 5 km dai reattori sono soggetti ad un incremento del 76% del rischio di contrarre una leucemia rispetto ai coetanei che vivono almeno a più di 50 km. Questo incremento di probabilità si riduce al 26% tra 5 e 10 km, al 10% tra il 10 ed 30 km, dello 0,5% tra 30 e 50 km.
Nel 2010 gli scienziati del Centro Tedesco di Ricerca per la Salute Ambientale hanno pubblicato uno studio preliminare che si focalizza in particolare sulle radiazioni ionizzanti e sulla possibilità che inducano disparità nelle percentuali di nascita di maschi e femmine nelle vicinanze di impianti nucleari. Prendendo le mosse da studi similari preesistenti (tra cui lo studio KiKK sull’incidenza di tumori infantili vicino alle centrali nucleari) e passando poi ad analizzare i registri ufficiali dei dati riguardanti i nuovi nati (in Belgio, Svizzera e Germania), le coordinate geografiche dei centri abitati, quelle degli impianti nucleari ed i loro periodi di operatività , sono arrivati a conclusioni che riassumono così: “La disparità nella nascita di maschi e femmine è aumentata a livello globale dopo i test di esplosioni atomiche nell’atmosfera, ed in Europa dopo il disastro di Chernobyl; c’è un aumento di tumori infantili nelle vicinanze delle centrali nucleari; la disparità nella nascita di maschi e femmine aumenta nei pressi di impianti nucleari in un modo che potrebbe essere associato al rilascio di radiazioni durante le operazioni di routine di tali impianti”.
Recentemente in un commento sulla autorevole rivista Environmental Health è stata avanzata l’ipotesi che alcuni radionuclidi, quali il trizio, il carbonio 14, i gas nobili radioattivi come kripton, argon, xeno, normalmente rilasciati dagli impianti insieme al vapor acqueo, vengano incorporati nel suolo e nei vegetali e che quindi si ritrovino nella catena alimentare. Le donne gravide esposte a queste sostanze radioattive le trasmetterebbero ai feti con conseguente imprinting cellulare che indurrebbe tumori nelle prime fasi della vita. In effetti anche studi canadesi dimostrano che la concentrazione di trizio in frutta, verdura, carne, latte e uova è tanto più alta quanto più si è vicini all’impianto nucleare.
– Impatto ambientale:
L’impatto ambientale in caso di incidente grave in una centrale è una delle preoccupazioni che riguardano l’uso civile dell’energia nucleare. Non è tuttavia l’unico impatto possibile: anche l’estrazione, la purificazione e l’arricchimento dell’uranio comportano notevoli impatti ambientali, non solo dal punto di vista della semplice radioattività , ma anche in termini di consumo di risorse idriche ed energetiche nonché l’uso di sostanze chimiche (fluoro, acido solforico) per l’attività di produzione del combustibile nucleare. Il trasporto e lo stoccaggio delle scorie nucleari comporta infine notevoli rischi potenziali.
Per quanto riguarda l’impatto ambientale in caso di incidente, un criterio fondamentale di radioprotezione è che maggiore è la distanza dal sito dell’incidente, minore è il rischio. Questo aspetto è stato tragicamente riscontrato con il Disastro di ÄŒernobyl’ del 1986: benché la nube radioattiva abbia percorso praticamente tutta l’Europa con gravi conseguenze, va rilevato che le aree circostanti la centrale sono tuttora inadatte alla permanenza umana (fu evacuata un’area di circa 30 km di diametro), mentre così non è per il resto d’Europa.
Il motivo di questa differenza va ricercato nella tipologia di emissioni radioattive: gli elementi più pesanti ed a emivita lunga-lunghissima (uranio, plutonio…) tendono infatti a ricadere nelle immediate vicinanze di un impianto severamente danneggiato. Viceversa elementi altamente radioattivi ma leggeri ed a vita relativamente breve-brevissima (cesio, iodio ed in generale i prodotti di fissione) tendono a “volare” più facilmente e quindi coprire ampie distanze. Il tempo di permanenza “in volo” permette tuttavia ad una quota di radioattività di decadere, per cui maggiore è la distanza dal sito incidentato minore sarà l’impatto radioprotezionistico. Naturalmente anche le condizioni meteorologiche hanno una notevole importanza nel trasportare o far cadere al suolo gli elementi radioattivi. In considerazione di ciò, non è corretto affermare che la presenza di centrali nucleari oltreconfine (Francia, Svizzera) determini situazioni analoghe all’avere impianti sul territorio italiano: in genere l’area di maggior controllo in caso di incidente severo è stimata in 50–70 km dal sito, corretta in base alla situazione meteo.
– Durata delle Scorie Radioattive:
Qualsiasi centrale nucleare produce “scorie radioattive”. Una parte di questa è normalmente dispersa nell’ambiente. Ad esempio i reflui del raffreddamento sono scaricati direttamente nelle acque dei fiumi (da cui viene prelevata anche l’acqua) poiché considerati non pericolosi.
Diversamente avviene per tutti i materiali che, trovandosi nel reattore o nei pressi, sono soggetti ad una continua emissione di radiazioni. Dal semplice bullone alla componenti metalliche più grandi (pareti, contenitori ecc.). Al termine del ciclo produttivo della centrale nucleare, questi oggetti diventano rifiuti “speciali” da trattare con molta attenzione in quanto radioattivi e quindi pericolosi. Sono definiti per semplicità “scorie nucleari”.
– Elevato numero di incidenti Nucleari:
Gli incidenti nelle centrali nucleari sono classificati su una scala da 0 (semplice guasto) a 7 (incidente molto grave). Questa scala di misura è detta INES (International Nuclear Event Scale). La classificazione degli incidenti non è facile. Spesso gli incidenti minori sono stati coperti dal segreto militare o non comunicati al grande pubblico. A tutt’oggi, si sono verificati i seguenti incidenti nucleari noti:
o 21 agosto 1945, 4º livello INES, (Los Alamos, Nuovo Messico, USA)
Harry K. Daghlian Jr. un tecnico incaricato a lavorare nel settore Omega del Los Alamos National Laboratory provoca involontariamente una massa critica lasciando cadere un cubetto di plutonio e di Carburo di tungsteno. Nonostante i due cubetti di materiali si separino istanti dopo essere caduti a terra a causa del colpo che ricevono, Daghlian viene esposto ad una dose letale di radiazione e muore qualche giorno più tardi il 15 settembre.
o 21 maggio 1946, 4º livello INES, (Los Alamos, Nuovo Messico, USA)
Durante una dimostrazione scientifica alla presenza di diversi scienziati, il fisico Louis Slotin avvicina due semisfere di plutonio, generando involontariamente una massa critica a causa della precedente rimozione del meccanismo di separazione delle due semisfere composto da una molla. Nonostante Slotin avesse separato immediatamente le due semisfere gli osservatori riferirono di aver percepito un’ondata di calore e di aver osservato un lieve bagliore causato dalla ionizzazione dell’aria circostante, e non come alcuni ritengono dall’Effetto ÄŒerenkov che si verifica soltanto in mezzi più densi dell’aria. A causa della sua prossimità alle due semisfere Slotin assorbì però una dose letale di radiazioni e morì il 30 maggio dello stesso anno, mentre gli spettatori verranno esposti ad una dose di 1,7 Gray. Questo episodio fu successivamente anche riportato nel film “Fat Man and Little Boyâ€.
o 12 dicembre 1952 5º livello INES (Chalk River, Canada)
Si tratta del primo incidente che ha interessato un reattore nucleare. L’evento interessò il cosiddetto reattore NRX presso i Chalk River Laboratories nei pressi di Ottawa. Durante alcuni test a causa delle incomprensioni tra il personale addetto al reattori furono inviati dati errati presso la sezione di controllo del reattore che causarono la parziale fusione del nocciolo del reattore. A causa del successivo surriscaldamento del refrigerante del reattore vi fu una esplosione che provocò la fuoriuscita di liquido refrigerante contaminato che fu fatto confluire in una cava abbandonata per evitare la contaminazione del fiume Ottawa. Tra il personale inviato sul posto per partecipare alle operazioni di bonifica vi fu anche il futuro presidente Jimmy Carter, all’epoca tecnico della marina.
o 1957, 5º livello INES, Windscale (Gran Bretagna)
Nella centrale nucleare di Windscale (l’odierna Sellafield) si assistette alla combustione lenta della grafite del reattore senza che i tecnici se ne rendessero conto, se non dopo un paio di giorni. A causa di ciò vi fu una fuga abbastanza consistente di radioattività , benché parecchio minore di Chernobyl. Attraverso la ciminiera della centrale, infatti, i fumi finirono in atmosfera e si dovettero prendere misure precauzionali per la popolazione inglese. In seguito all’incidente, comunque, ci si prodigò per la progettazione di misure di sicurezza più efficaci in Gran Bretagna.
o 1957, 6º livello INES, Majak (Urali dell’URSS)
Nell’impianto di Majak, in una zona degli Urali dell’URSS, si verificò nel 1957 un incidente del 6º livello della scala INES. È il secondo incidente nucleare più grave della storia dopo quello di Chernobyl. Di questo incidente si conosce poco per il fatto di aver interessato un sito militare segreto. Infatti in realtà l’incidente non coinvolse una centrale nucleare ma piuttosto un deposito di materiali radioattivi di un sito militare. Il rilascio di radioattività nell’ambiente costrinse la autorità a interdire l’area circostante che fortunatamente non era molto popolata.
o 1969, 4º livello INES, Lucens (Svizzera)
La fusione del reattore in seguito ad un difetto di raffreddamento ha causato una massiccia contaminazione della caverna nel quale era costruito, ma senza alcun rilascio verso la popolazione esterna o lavoratori della centrale.
o 1973, 4º livello INES, Windscale (Gran Bretagna)
Ulteriore incidente nucleare a Windscale.
o 1979, 5º livello INES, Three Mile Island (Pennsylvania, USA)
L’incidente di Three Mile Island (nei pressi dell’abitato di Harrisburg) comportò invece (concordemente al rapporto sull’incidente rilasciato dalle autorità competenti) un rilascio di radioattività nell’ambiente a seguito dello scarico all’esterno di un eccesso di vapore che aveva saturato il circuito primario; in pratica vi fu una fuga di radionuclidi gassosi quali lo Xeno e vapori di Iodio, oltre all’acqua del primario contaminata da trizio. La popolazione della città poco distante (140.000 persone) venne evacuata per precauzione e secondo le stime ufficiali non vi furono conseguenze sanitarie. Tuttavia, la parziale fusione del nocciolo a causa del surriscaldamento dello stesso, rese inutilizzabile il reattore con conseguenti gravi danni finanziari per i proprietari della centrale.
o 1980, 4º livello INES, Saint-Laurent-Nouan (Francia)
La fusione di un canale del carburante nel reattore non causò tuttavia rilascio di radiazione al di fuori dell’impianto.
o 1986, 7º livello INES, Chernobyl (Ucraina)
L’incidente di Chernobyl, 7° e più alto livello della scala INES, è il più grave incidente nucleare mai avvenuto. Si verificò in una centrale nucleare a fissione, e comportò la fusione del combustibile, l’esplosione e lo scoperchiamento del reattore, la fuga in aria di combustibile polverizzato, scorie radioattive e vari materiali radioattivi. In sostanza, esso rappresenta il peggiore disastro possibile in una centrale nucleare. In parte, l’incidente fu provocato da alcune caratteristiche problematiche del reattore, ma in gran parte fu dovuto alla avventatezza di responsabili governativi, che effettuarono un esperimento su una centrale di potenza (e non su un reattore sperimentale), escludendo manualmente tutti i sistemi di sicurezza, e facendosi aiutare da personale tecnico e non da esperti di fisica nucleare ed ingegneri. Il personale tecnico non aveva infatti una conoscenza sufficiente delle caratteristiche del reattore in tutti i suoi regimi di operazione. Anche in conseguenza di questo disastro, per i progetti di reattori a fissione si tende attualmente a privilegiare dei sistemi di sicurezza basati su di un principio fisico, e che quindi non possono essere ignorati neppure volontariamente.
La conseguenza dello scoperchiamento del reattore e della fuga in atmosfera di isotopi radioattivi fu una vasta contaminazione ambientale. Il rapporto ufficiale redatto da agenzie dell’ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA e altre) stila un bilancio di 65 morti accertati con sicurezza più altri 4.000 morti presunti (che non sarà possibile associare direttamente al disastro) per tumori e leucemie su un arco di 80 anni. Secondo Greenpeace invece, i decessi direttamente o indirettamente imputabili a Chernobyl sarebbero dell’ordine di 100.000 individui e più. Per saperne di più si possono leggere gli atti del simposio su “Chernobyl 20 anni dopo” tenutosi a Vienna nel settembre 2005 e organizzato congiuntamente dalla IAEA dall’OMS e dall’UNDP.
o 1987, 5º livello INES, Goiânia (Brasile)
L’incidente causò la morte di 4 persone, mentre 6 ricevettero dosi radioattive di alcuni Gray. È uno fra gli incidenti nucleari più gravi della storia, essendo stati raggiunti livelli di radiazione all’esterno di un impianto nucleare che furono superati solo dagli incidenti di Chernobyl e Majak. L’incidente fu causato da un apparecchio di radioterapia abbandonato in un ospedale che fu recuperato da alcuni ferrovecchi per rivenderne il metallo. Il cesio-137, prodotto attivo dell’apparecchio, fu disperso nell’ambiente attirando numerosi curiosi a causa dalla luce blu prodotta dalla ionizzazione dell’aria circostante (non come alcuni ritengono dall’Effetto ÄŒerenkov, che si verifica soltanto in mezzi più densi dell’aria). Oltre alle 4 persone morte entro 75 giorni, 249 persone furono contaminate, di cui 49 dovettero essere ospitalizzate, e 21 furono trasferite in terapia intensiva. Fu necessario rimuovere 3 500 m³ di scorie radioattive per decontaminare il sito nel quale fu disperso il Cesio. Uno studio epidemiologico realizzato nel 2006 ha studiato le conseguenze di questo incidente sull’incidenza del cancro fra la popolazione che fu a contatto con il materiale radioattivo, ma nessun aumento statisticamente significativo dell’incidenza di cancro è stata registrata.
o 1999, 4º livello INES, Tokaimura (Giappone)
Causò sovraesposizioni radiologiche dei lavoratori dell’impianto di fabbricazione di combustibile nucleare in seguito ad un evento critico.
o 2006, 4º livello INES, Fleurus (Belgio)
Causò gravi effetti sulla salute di un lavoratore di un impianto radiologico commerciale in seguita a un’elevata dose di radiazioni assorbite.
o 2011, 7º livello INES, Fukushima (Giappone)
A seguito del grave terremoto dell’11 marzo 2011, l’unità 1 della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, dopo circa 24 ore dall’evento, durante una ulteriore scossa di terremoto, ha registrato una esplosione con fuoriuscita di fumo bianco, presumibilmente idrogeno rilasciato dal liquido di raffreddamento in condizioni di alta temperatura e pressione, con conseguente dispersione di materiale irradiato all’esterno, e crollo del tetto di un edificio di servizio, non ospitante il reattore. Il 13 marzo si è verificata una analoga esplosione all’unità 3. Nella mattina del 15 marzo, dopo numerosi allarmi riguardanti la mancata ricopertura delle barre del reattore dell’unità 2, si è verificata una esplosione che ad una prima indagine potrebbe aver danneggiato il rivestimento esterno del nucleo, rimasto intatto nelle unità 1 e 3. Anche le 4 unità della centrale di Fukushima Daini, situata a 11 km dall’altra, e che erano in funzione al momento del sisma, sono state spente automaticamente dai sistemi di sicurezza, ma il malfunzionamento degli impianti di raffreddamento dei reattori ha provocato una situazione di allarme, di grado inferiore in quanto senza rilascio di radioattività all’esterno degli impianti. L’incidente è stato classificato pari a quello di Chernobyl, ossia di livello 7.
– Enorme costo dello smantellamento delle Centrali Nucleari:
Lo smantellamento degli impianti nucleari (in inglese nuclear decommissioning), che implica il DECON, ovvero lo smantellamento completo del reattore nucleare, per mettere in evidenza la differenza tra il decommissioning convenzionale e altri progetti di smantellamento. La principale differenza tra lo smantellamento di una centrale di potenza convenzionale, e quelle nucleari, è data dalla possibile presenza di materiale radioattivo o fissile, fatto che richiede precauzioni specifiche, la decontaminazione del personale e attrezzature e procedure di trasporto e stoccaggio molto costose. (Ad es. il gas di metallo prodotto durante il taglio delle tubazioni diventa radioattivo, come anche la polvere del cemento risultato delle demolizioni).
In genere, le centrali nucleari della I e II generazione vennero progettate per una vita utile di circa 30 anni, ma in realtà la media è stata di 22 anni. Un’ampia gamma di installazioni nucleari sono state disattivate e smantellate totalmente fino al giorno d’oggi. Questo elenco include centrali nucleari, reattori di ricerca, impianti per la produzione di radio-isotopi, acceleratori, miniere di uranio, impianti per l’arricchimento dell’uranio, impianti PUREX per la separazione chimica del plutonio, ecc.
Nonostante tutto, il numero di impianti di potenza totalmente smantellati è davvero esiguo. Esistono compagnie specializzate nello smantellamento nucleare; questa pratica è diventata una attività industriale che rende profitti. Lo smantellamento è molto costoso; le stime correnti fatte dalla “Nuclear Decommissioning Authority” del Regno Unito sono che costerà almeno 70 miliardi di dollari smantellare i siti nucleari dismessi esistenti nella Gran Bretagna; questo calcolo non considera qualsiasi incidente o cambiamento delle normative che possa avvenire in futuro. Inoltre, a causa della radioattività latente nei “core” dei reattori, lo smantellamento totale del reattore diventa un processo lento che deve eseguirsi in varie fasi (spesso intervallate da decenni): i piani correnti della Nuclear Decommissioning Authority per lo smantellamento totale prevedono un arco di tempo dai 50 ad oltre 330 anni, con esclusione di siti incidentati per cui ogni previsione è difficile se non impossibile. Il lungo intervallo di tempo rende un calcolo affidabile dei costi estremamente difficile. Lo sforamento massiccio delle previsioni di spesa non è cosa infrequente anche per progetti che si attuano fino alla fase finale di smantellamento e decontaminazione totale (taglio sott’acqua del reattore, eseguito ad esempio in Germania) in modo risoluto, senza complicazioni, completato in tempi relativamente brevi.
In Francia, lo smantellamento della centrale nucleare di Brennilis in Bretagna, un impianto da 70 MW, è già costato circa 480 milioni di euro (20 volte i costi stimati) ed è ancora incompleto dopo 20 anni. A dispetto degli ingenti investimenti nel rendere sicuro lo smantellamento, nel marzo 2006 l’ente francese CRIIRAD realizza dei prelievi vicino alla centrale, dietro la STE (Station de Traitements des Effluents) e trova elementi radioattivi come il cesio-137 e il (particolarmente tossico) cobalto-60 che sono percolati dentro il vicino lago. Secondo il CRIIRAD provengono incontestabilmente dalla centrale. Inoltre si trova anche una concentrazione abnormemente elevata di attinio-227 (molto radiotossico) di origine sconosciuta.
Nel Regno Unito, lo smantellamento dei due reattori a gas WAGR Pile 1 e Pile 2 di Windscale (messi in SAFSTORE quando uno di essi rimase danneggiato dall’incendio della grafite) (WAGR), un piccolo impianto di potenza da 2 × 49 MW, verrà completato soltanto nel 2015 e si calcola costerà circa 490 milioni di sterline portando il sito alla condizione “brown field”. Il reattore di Calder Hall-Sellafield è stato chiuso nel 2003. L’autorità britannica per il decommissioning ritiene che sarà possibile smantellarlo per il 2115, cioè dopo 160 anni dall’inaugurazione. In alternativa è stato studiato un piano (con orizzonte temporale di 100 anni) per mantenere l’impianto, trasformandolo in una “attrazione turistica di valore storico”.
– Alto prezzo reale del Nucleare:
Da circa 15 anni nessun paese occidentale, salvo la Finlandia, ha messo in cantiere nuove centrali nucleari. Il nucleare comporta costi elevati fin dalla realizzazione degli impianti. Vanno poi ad aggiungersi i costi militari per garantire la sicurezza dagli attentati terroristici e i costi per smantellare la centrale nucleare al termine della sua attività . Tutti questi costi non sono sostenibili da un’industria privata. Lo Stato deve necessariamente intervenire a copertura delle spese aumentando tasse e imposte ai contribuenti. In breve, il basso costo dell’energia in bolletta potrebbe essere più che compensato dall’aggravio fiscale in termini di imposte.
Costi rilevanti risulterebbero ancora privi di una quantificazione monetaria certa, ad esempio, i seguenti:
 danni alla salute degli esseri viventi nelle aree di influenza delle installazioni;
 danni di lungo periodo all’ambiente circostante o interagente con il sito;
 costi di stoccaggio delle scorie radioattive;
 premi a copertura di danni causati da incidenti ed eventi disastrosi;
 premi di rischio per ritardo nell’entrata in esercizio.
I costi di generazione per singolo kWh sono difficili da calcolare perché influenzati prevalentemente dal costo dell’impianto e solo in misura minore dal prezzo del combustibile.
I costi di costruzione di una centrale nucleare sono notoriamente superiori che in una qualsiasi altra centrale a causa della necessità di garantire gli stessi standard di sicurezza di una centrale termoelettrica. Secondo alcuni studi, una centrale nucleare può produrre energia a costi simili alle altre fonti energetiche.
Secondo studi l’energia nucleare è economicamente svantaggiosa e gli enormi capitali necessari alla costruzione di un impianto ed alla gestione completa del ciclo del combustibile, non possono mai essere compensati dalla produzione di energia. Paine ha dichiarato: «L’analisi […] suggerisce che anche nelle condizioni più ottimistiche (dove i costi sono considerevolmente tagliati ed i redditi salgono notevolmente), le centrali nucleari dell’attuale generazione, nel corso della loro vita, possono arrivare al massimo a coprire i costi iniziali»
I punti principali nella sua argomentazione sono:
 è improbabile che i costi di costruzione siano recuperati con l’attività dell’impianto, considerata la sua durata e il guadagno attesi;
 il costo delle altre fonti di energia (come petrolio, gas naturale, carbone) dovrebbe salire in modo non realistico affinché il nucleare diventi competitivo (mentre il costo delle fonti rinnovabili, già inferiore in alcuni casi, è destinato a scendere sempre più col migliorare delle tecnologie);
 l’impianto raramente funziona a pieno regime, solitamente è sfruttato soltanto in parte (Paine sostiene che il 58% sia la norma) dal momento che alcuni impianti periodicamente devono essere fermati per controlli di sicurezza. Aumentare questa percentuale ci esporrebbe inevitabilmente a un rischio;
 a conti fatti, l’energia nucleare sarebbe un investimento proficuo solo negli scenari più ottimisti (durata della vita massima, miglioramento della tecnologia, costi d’esercizio e dell’energia).
Paine non discute delle problematiche ambientali e delle esternalità economiche, come lo smaltimento delle scorie. Lamenta anche il fatto che i dati precisi sulla convenienza in termini economici dell’energia atomica non sono disponibili al pubblico.
D’altro canto, i costi di costruzione non sono facilmente prevedibili: considerando 75 impianti statunitensi completati, si è constatato che i costi di costruzione totali effettivi sono stati di 145 miliardi di dollari contro i 45 previsti; in India gli stanziamenti previsti inizialmente per gli ultimi dieci impianti sono aumentati del 300%. I costi dipendono strettamente dai tempi necessari, che da uno studio del Consiglio Mondiale dell’Energia (WEC) sugli impianti in costruzione nel mondo tra il 1995 e il 2000 sono risultati essere aumentati da 66 a 116 mesi. Questo si dovrebbe all’aumentata complessità degli impianti.
Il prezzo di un kWh nucleare ammonta in definitiva a circa 6,1 centesimi di euro, secondo prudenti stime del ministero dell’energia degli Stati Uniti, includendo anche una stima dei costi di confinamento delle scorie: si tratta di un prezzo molto superiore non solo a quello di un kWh a carbone o a gas, ma anche di quelli eolico e da biomasse. Per valutare questo dato, è necessario un più generale confronto coi costi di tutte le altre fonti energetiche alternative, soprattutto nel medio-lungo periodo.
Per molti, la dimostrazione finale e incontestabile della non economicità dell’elettricità da fissione nucleare è che da decenni nessuna azienda privata ha pensato di costruire una nuova centrale, se non dove sussistono ingenti sovvenzioni statali in seguito a una precisa scelta puramente politica (si veda sotto il caso della Finlandia), come per certe fonti rinnovabili (ad esempio il fotovoltaico), che senza contributi statali non avrebbero alcuna convenienza economica, se non in casi particolari. Nel 2009 si sono avute infatti diverse rinunce da parte di compagnie elettriche: ad esempio, la MidAmerican Nuclear Energy Co, operante in Idaho, ha rinunciato alla realizzazione dei suoi progetti di espansione del numero di reattori; la AmerenUE, operante in Missouri ed Illinois, ha anch’essa rinunciato alla costruzione di un reattore EPR. Entrambe le compagnie hanno evidenziato che l’altissimo costo di realizzazione non si tradurrebbe per il momento in una riduzione del costo dell’energia elettrica. Tuttavia va anche evidenziato come nel corso degli ultimi decenni molte centrali sono state potenziate con l’aggiunta di nuovi reattori nello stesso sito ed è notevolmente cresciuta la produzione di energia elettrica da fonte nucleare.
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– Il Governo ha decretato di individuare dove localizzare nel territorio nazionale impianti di produzione di energia elettrica nucleare, impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché dei sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi.
– A seguito dei nuovi incidenti nucleari il Governo ha adottato la moratoria sulla realizzazione di nuovi impianti nucleari in Italia, l’individuazione dei siti e la costruzione degli impianti rimarrà un questione aperta per un altro anno. Non lo smaltimento in sicurezza delle scorie radioattive esistenti e prodotte dalle centrali nucleari già costruite nel nostro paese, che andranno immagazzinate in un deposito nazionale.
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Il CONSIGLIO COMUNALE impegna:
– L’amministrazione comunale a mantenere la qualifica di Comune Denuclearizzato per la Città di Perugia, predisponendo tutti gli atti utili a vietare impianti di produzione di energia elettrica nucleare, impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché dei sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi.
– Il Sindaco e la Giunta ad attivarsi presso i rappresentanti eletti nel Parlamento nazionale insieme alle Istituzioni ed Enti Locali per fermare il Piano del Ritorno al Nucleare messo in atto dal Governo, elaborare un diverso ed innovativo Piano Energetico che punti ed investa sugli impianti per la produzione di energia da altre fonti, in particolare quelle rinnovabili ed ecologiche.