L’eterno ritorno dell’usato…
Mi ha sempre affascinato la teoria dell’eterno ritorno dell’uguale, forse perchè in Italia la viviamo sulla nostra pelle, però declinata diversamente. Da noi sembra essere piuttosto l’eterno ritorno dell’usato. In tutti i campi.
I giovani in panchina. Il potere agli intramontabili.
di Gabriele Romagnoli
C’è stato qualcosa di desolante nell’esibizione della nazionale di calcio italiana in Sudafrica, qualcosa che andava oltre la squadra stessa, la sua assenza di gioco e di carattere. Era un particolare difficile da cogliere a prima vista, come un riflesso: il riflesso del Paese. Mai come stavolta: questa è l’Italia. Lo dimostrano sei indizi sufficienti, come noto, a costituire non una ma due prove.
Primo: la leadership.
Lippi. Il problema non è tanto lui, che ha (avuto) incontestabili meriti. È il bis che va aggiunto accanto al suo nome, dopo un trattino. Il problema è il Lippi-bis. È quell’eterno ritorno all’usato presunto sicuro che fa dell’Italia un Paese di zombie con il biglietto a due tratte. Non a volte, ma sempre ritornano. Lo si scrisse all’indomani del reincarico al ct, annusando l’odore di naftalina infernale sprigionato ogni volta che riapparivano Andreotti, Fanfani o Rumor, che Berlusconi succedeva a Prodi o viceversa. Ma anche, per non far della politica l’unico tristo termine di paragone, quando il sabato sera televisivo veniva riaffidato alla Carrà , il Tg1 ad Albino Longhi (anche se ogni sera alle 8 ora vien da augurarselo), il Festival di Sanremo oscillava (e oscilla) tra i poli dell’eterna diarchia Baudo-Bonolis.
Fu facile profezia accostare il Lippi-bis al Rutelli-bis, disposto dai vertici, rigettato dai fatti (e anche lì, che il presente consenta rimpianti non vale come giustificazione). Eppure, mentre con Lippi prepariamo la valigia, sul pd si riallunga l’ombra di D’Alema e per il Festival di Sanremo non si esclude una co-conduzione di Pippo Baudo.
Secondo: la gerontocrazia.
Ci sono ragazzini che dalla nascita hanno visto Cannavaro in nazionale. Fino a due anni fa se ne capiva il motivo. Ora, a parte un’ultima partita che gli consenta di battere il record di Maldini (ritiratosi a quarant’anni con le ginocchia sbriciolate), non più. Ma tant’è: meriti acquisiti. Sembra che in Italia la regola di anzianità per l’eleggibilità del capo dello Stato si applichi a qualunque ruolo di responsabilità . Non si spiega altrimenti perché la nomina di un quarantenne a una direzione divenga una notizia, perché scrittori in quella fascia d’età siano considerati “giovani“, “promettenti“. Tempo addietro venne fondato un movimento che predicava l’abbandono delle cariche dopo i sessant’anni. A parte l’entusiasta adesione di qualche over 60 e un festoso raduno, non se n’è più saputo nulla. I papà dei fondatori li avranno sgridati. Lo spostamento della linea del tramonto ha spostato pure quella dell’alba. Abitiamo in un fuso orario dove si comincia tardi e non si finisce mai, benché l’ora, quella legale, sia scoccata da tempo.
Terzo: l’affidabilità preferita al talento.
La nazionale è venuta in Sudafrica con Camoranesi invece di Cassano. Può sembrare irrilevante, se in ogni settore della vita italiana non ci fosse un Cassano sacrificato a un Camoranesi. Emendare la giovanile tracotanza a poco serve. L’estro spaventa, richiede uno sforzo ulteriore di gestione, va incanalato, supportato. Genera picchi: meglio una linea costante. Proprio su queste pagine, pochi mesi fa, pubblicammo l’esito di una ricerca della London School of Economics secondo cui la selezione dei manager nelle imprese italiane avviene prevalentemente in base alle relazioni personali e non al curriculum. E una volta entrati in azienda la loro carriera è determinata dalla fedeltà alla proprietà assai più che dai risultati ottenuti. È quel che Lippi chiama il “gruppo“, a cui attribuisce con uno slancio evocativo uno “spirito“. Tradotto: gente che fa quel che gli si dice e non crea rogne. Poco importa se al fantacalcio, ai cui valori dovrebbero essere delegate le convocazioni, Cassano è più pregiato di Camoranesi. Ogni volta che in Italia cambia il vertice di una società si sposta un blocco di dirigenti. Più affidabili. Il cavalier Calisto Tanzi aveva un suo bel gruppo, con tanto di spirito. Tutti ragionieri di Collecchio, tutti devoti a lui e all’azienda. Magari non eccelsi nei risultati e un po’ trafficoni, ma che importa? Poi si è aperto il buco. La crepa è cominciata all’estero. Dove? Brasile.
Quarto: la mancanza del senso di responsabilità .
A caldo Lippi ha avuto un riflesso condizionato: “Non meritavamo di più, ma il progetto va avanti così“. Due proposizioni inconciliabili. Se si merita di uscire in un girone con Stati Uniti ed Egitto, se si perde in quel modo con il Brasile il progetto deve ripartire da zero, o quasi. È già qualcosa non aver ceduto al complottismo (difficile far passare per montatura della stampa uno 0 a 3), non aver chiamato in causa la sfortuna o l’eredità della precedente gestione come fanno i ministri dell’economia quando i conti non tornano. E bene che Lippi si sia corretto al risveglio: “Ho capito, si cambia“. C’era bisogno di una figuraccia alla Confederations Cup? Viene in mente Veltroni, che perde in quel modo le elezioni poltiche, consegna Roma alla destra e si dimette dopo una sconfitta in Sardegna.
Quinto: l’alibi della storia.
Ogni volta che l’Italia scende in campo i telecronisti di tutto il mondo, non solo nostrani, ricordano le quattro coppe del mondo vinte, soprattutto l’ultima, che rende la squadra campione in carica. Ma, come noto, la storia non fa gol. E non abita nel presente. Da Machiavelli a Gianni Letta il passo è, più che lungo, inconcepibile. Abbiamo avuto il Rinascimento, ma nella storia dell’arte contemporanea siamo un paragrafo. Chiamiamo filosofo Rocco Buttiglione. Per timore che siamo non rivalutati postumi come l’immenso Totò, tolleriamo Boldi o De Sica. Quando Roma si blocca nel traffico alle prime gocce di pioggia e si resta fermi a guardare dal finestrino le antiche mura coperte di scritte offensive il tassista prontamente ricorda: “La civiltà l’amo fondata noi“. Poi alza il volume di radio Tifo.
Sesto, ma non ultimo: l’etica.
C’è una frase tormentone uscita dal raduno azzurro: “Noi non giochiamo bene, non facciamo calcio champagne. Non vogliamo essere la Spagna“. Perché? Preferite essere furbi che bravi? Riuscire, non importa come? A guardarsi intorno parrebbe proprio di sì. Il punto è che, alla lunga, il metodo non paga. Che la Spagna a cui si rinfacciava di non aver mai superato un quarto di finale ha vinto l’Europeo e qui è in semifinale, l’Italia no. Domani è un altro giorno e si ricomincia: da Lippi-bis e Berlusconi-ter. Il ciak lo dà .
Non sono abbastanza esperta di calcio da poter dare un giudizio ponderato e credibile su questo argomento, ma da fuori non è sembrato che sia andata poi così male come scrivi.
Il concetto fondamentale è che quando si tratta di dover vincere (perché lì non vale “l’importante è partecipare”) mi sembra quasi scontato che si usino le pedine migliori e una valutazione immediata di quali esse siano è di quanto abbiano vinto in passato. Al di là della scelta dei giocatori su cui non mi posso esprimere e che quindi escluderei dal mio ragionamento, penso che la maggior parte degli italiani non siano stati così scontenti di vedere il ritorno di Lippi. ;)
Che i risultati siano stati disastrosi non c’è dubbio, ma quali siano realmente state le motivazioni non lo saprei dire…. Lippi intervistato ha semplicemente detto che più che scelte sbagliate o altro c’è stato che una volta in campo quello che si era preparato non è stato fatto. Via, come discorso ci sta! :D Starà a lui adesso imparare dal passato.
Comunque di certo il calcio è un sistema complesso che non gravita solo attorno a quello che tu definisci “usato” o “gerontocrazia”: penso che ci sia ben altro (e ben di peggio!) dietro.
Vorrei concludere con un pensiero e una provocazione che esulano dal caso particolare e si possono generalizzare: attenzione a non cadere nell’errore opposto! Vecchio non è sempre necessariamente male: credo che la vera intelligenza stia nel riconoscere la persona, senza fare alcuna discriminazione né in un senso né nell’altro ;)
Altrimenti arriveremmo all’eccesso, certamente deprecabile, di mettere da parte tutti i senior, magari…. in qualche casa di riposo?
il parallelo calcio-politica ancora una volta, secondo me, facilita la comprensione dei fatti. Forse stavolta ancora più che in passato. Il quarto e il sesto punto credo si possa riassumere con efficacia nella parola UMILTA’, che manca a tutti i livelli nel nostro partito. Dai dirigenti locali locali ai cosiddetti vertici.
A risentirci,
ftc
Il paragone Nazionale-Nazione è a dir poco calzante in questo momento.
Il nostro bel paese come tutti sappiamo è da sempre stato fondato su di un sistema clientelare, fatto di conoscenze e favoritismi, il quale fa sì che ad un giovane e promettente venga preferito un dinosauro che magari ha perso l’iniziativa e non riesce a stare al passo coi tempi, dovuto al fatto che avendo una poltrona “sicura” non è costretto ad innovarsi.
Questo scenario naturalmente si riflette in particolar modo sulla politica nazionale, perchè ogni leader quando raggiunge l’apice deve ricordarsi degli amici degli amici che gli hanno permesso il risultato.
Quindi in Italia, o sei Berlusconi e compri a suon di tangenti la dignità delle persone, la stampa e i maggiori media, creando così un macrocosmo nel quale sei tu a decidere cosa far vedere, cosa pensare, e di quale degli innumerevoli scandali parlare in modo tale che l’attenzione si sposti sul personale, e non sull’ennesima condanna per corruzione.
Oppure, si prova a far valere le proprie idee condividendole con più gente possibile, però per poterlo fare hai bisogno degli spazi che sono quelli che stanno più in alto a concedere.
Il problema Italiano credo che sia in parte legato ai vecchi, lo è molto di più a mio avviso il fatto che i “vecchi” quando falliscono rimangono là , nel momento in cui hai portato il tuo partito a perdere un seggio sicuro, o la tua azienda ha perso degli utili, o peggio per i tuoi errori pagano altre persone che dovranno cederti il loro di posto, quello è il momento in cui non si dovrebbe più dare possibilità di potere ai dinosauri.
Il paragone tra il mondo del calcio e quello politico non poteva essere più che azzeccato in questo momento! Il ritorno a “vecchi cavalli di razza” è una pratica che sta prendendo sempre più piede in Italia e la foto che si vede in questo articolo ne è l’emblema! Ma siamo così insicuri che dobbiamo per forza riprendere vecchie glorie considerate vincenti per poter avere un appoggio solito al quale appigliarci??? Il ritorno di Lippi in Nazionale è l’ennesima prova di come le nostre speranze siano sempre affidate a colui che almeno una volta ha fatto bene e portato a compimento la missione per la quale era stato assoldato. Ma nessuno si ricorda (o vuole ricordare!) che chi ritorna sul “luogo del delitto” difficilmente potrà ripetere la sua opera passata! Come diceva il grande Antonio Gramsci : “la storia insegna…ma non ha scolari”. La riproposizione del vecchio sembra quasi l’unica via d’uscita ad una situazione di sbando che unita all’incapacità della classe dirigente di formare nuove leve in grado di prendere l’eredità di quelle più anziane ha portato alla situazione attuale in cui le nuove generazioni non possono venire fuori perchè da un lato non hanno la capacità di assumere determinati ruoli e dall’altra hanno l’incomberza dei più anziani che non voglio lasciare il proprio posto. Così come in Nazionale si è richiamato Lippi, osannato come il salvatore della patria, anche all’interno della classe politica si ripropongono vecchi nomi che vorrebbero avere la pretesa di rappresentare la novità ! La gerontocrazia deve definivamente lasciare spazio all’estro e alla freschezza delle nuove generazioni che sicuramente hanno una forma mentis più dinamica ed innovativa rispetto alle vecchie leve! Shunryu Suzuki diceva:”la mente del principiante è aperta a molte possibilità . Quella dell’esperto a poche.” Quindi basta con queste pretese di onnipotenza da parte di chi solo con la lunga militanza pensa di avere in se insita la ragione, ma largo a coloro che invece per molto tempo sono stati considerati solo “riserve” in uno schieramento che non li ha visti e non li vorrebbe mai vedere titolari.
La favola dell’esperienza va assolutamente ridimensionata, siamo d’accordo. è assai facile inserire i soliti nomi trincerandosi dietro quest mito in maniera da non esporsi a critiche dovute al rischio intrapreso. Occorre osare, avere spirito di iniziativa. In ogni caso bisogna ricondurre tutto a ragionevolezza: evitiamo il mito dell’esperienza, così come quello del giovanilismo o del femminismo in sè. Tutto è strumentale: la bellezza, i soldi, la cultura,così come l’esprienza e la giovane età , non servono a nulla intrinsecamente, occorre farne buon uso.
Il paragone tra politica è calcio, però, può essere fuorviante, perchè il fisico invecchia, la mente no. Peraltro diciamoci la verità : mancano proprio i grandi vecchi. Del Piero, Totti, Nesta ecc. erano grandi campioni; gli attuali, giovani o vecchi, con tutto il rispetto non hanno la stessa caratura.
L’importante è mettere tutti nelle condizioni di manifestare le proprie capacità . Questo non sempre avviene, nell’accesso occorre intervenire.
A me pare che Lippi ci abbia anche provato (Pepe, Dossena, Quagliarella, Rossi, Santon, Chiellini….) ma penso che i risultati siano stati deludenti. Sicuramente poteva fare meglio. Forse non avrebbe dovuto portare Toni, Gattuso, Cannavaro ecc. ma non è detta che il risultato sarebbe per forza stato migliore. Quanto ai vecchi a me pare che uno tra gli attaccanti più in forma a fine campionato sia stato un certo Pippo Inzaghi che ha dovuto sopperire alla inspiegabile astinenza del diciottenne papero. Comunque non sono un intenditore di calcio ma voglio solo dire che non sempre è vero l’assioma giovane è meglio. Con tutto ciò non pensare che sia contro l’innovazione, anzi… Penso tuttavia, e con ciò abbandonando il calcio, che noi si debba innanzi tutto creare nuove idee, nuovi modi di pensare, nuovi modelli di rapporto tra partiti e sostenitori, tra amministratori e amministrati. La società chiede una semplificazione amministrativa vera, strutture meno elefantiache, eliminazione degli sprechi, zero marchette ecc. Come quando si fa una casa ò necessario prima fare un progetto, noi è su questo versante che dobbiamo discutere. Avvicinandoci al congresso non credo che l’elemento di scelta potrà essere il numero dei giovani che avrà con se Franceschini piuttosto che Bersani o uno degli altri candidati. Io spero di essere messo in grado di valutare il progetto politico e spero che a confronto non ci siano due o più baracche ma splendide ville con giardino inglese e piscina. Poi si dovrà considerare anche le ditte chiamate a mettere in atto il progetto, ma tra una baracca realizzata da un giovane staff di architetti e ingegneri con il contributo dei ragazzi della scuola edile e una splendida villa progettata da un geometra e realizzata dall’anziano muratore del posto io sceglierò la seconda e penso anche tu. Se invece a confronto ci saranno tutte splendide ville con piscina allora per la scelta si dovrà ricorrere al vecchio metodo della meritocrazia al quale troppo spesso abbiamo rinunciato e che invece dovrà tornare ad essere il criterio da adottare almeno nella stragrande maggioranza delle scelte che dovremo fare se vorremo veramente una società migliore.
Come sempre la verità sta nel mezzo e il “trucco” è rappresentato dal concetto di equilibrio…. Parola di cui in Italia non si conosce nemmeno lo spelling, figuriamoci il significato!!!!!!!!
Un articolo semplicemente geniale nel suo lineare accostamento alla nazionale.
Complimenti, Tommaso!
Del resto, non è forse giusto che i peggiori vizi dei leader politici italici trovino degli omologhi calcistici proprio in quella cosa che rappresenta l’unico motivo di orgoglio nazionale che riusciamo a sentire, nonché l’unico interesse che riesce ancora a far discutere il lunedì mattina?
Articolo un sacco azzeccato: mi sono divertita nel leggerlo. A mio avviso il lassismo e il perdurare dello status quo nella nostra società affondano le loro radici nell’assenza di “fame”, ovvero nella mancanza di competitività e di voglia di superarsi, che ci affligge a tutti i livelli. Siamo una società di mediocri, guidati da gente assolutamente mediocre, preoccupata che tutti gli altri non superino tale soglia di mediocrità , mettendo quindi in forse la sua posizione. Non abbiamo più voglia di metterci in discussione, di sforzarci per raggiungere un obiettivo: preferiamo vivere delle briciole dei potenti, di chi ha ereditato la sua posizione e che non ha la minima idea del ruolo che si trova a ricoprire. In un tale modello non può esserci posso per nessuna forma di genialità . D’altro canto, chi dovrebbe insegnarcela??? Michelangelo, Raffaello, Leonardo avevano potuto formarsi fin da piccoli in botteghe artigiane di grande livello e grazie alle loro particolari doti erano riusciti a superare i loro maestri e ad emergere. Noi a quali modelli ci rifaremo?
Un esempio banale può venire anche dal mondo dell’istruzione. Continuano a riformare la scuola, perché rispetto agli standard degli altri paesi siamo caprette d’allevamento, ma si sono mai chiesti se non fosse il caso di verificare se i docenti sono all’altezza del loro ruolo? Certo che no. Il fatto è che quando dopo svariate lotte, dopo compromessi, strategie e tentativi andati a vuoto, si riesce ad ottenere una poltrona di qualsiasi tipo, si è arrivati, si diventa immediatamente “onorevoli” e da lì in poi il proprio comportamento non è più sindacabile. Questo perché siamo una società malata di “sosiego”, vogliamo tutti l’uguaglianza a parole ma siamo pronti ad inchinarci e a baciare la mano al primo monsignore.
Non ci è più richiesto di dimostrare nulla. Tutti i giocatori continueranno a prendere il loro lauto compenso, così come i nostri politici continueranno con i loro lauti stipendi a pagarsi gli avvocati migliori per venir fuori dai peggiori processi, allo stesso modo degli agenti di banca, che dopo aver messo in forse l’intero sistema capitalista, lasciano i loro incarichi dopo aver preso la loro lauta buonuscita. Raggiunto un certo livello non esiste più la responsabilità delle proprie azioni.
E allora perché affannarsi tanto???
Articolo che fa riflettere e arrabbiare, per come è ridotto il nostro Paese.
Non sono d’accordo solo col terzo punto. Il “gruppo” nel calcio è fondamentale: puoi avere insieme C.Ronaldo Kakà e Messi, ma se il collettivo non funziona, non vincerai mai.
Per quanto riguarda la vecchiaia, basta pensare che Napolitano avrebbe l’età per essere NONNO di Obama..