Il diploma immaginario, le matricole ignoranti
Debuttano inciampando nei primi test universitari. Ai test di valutazione iniziale, le matricole partono col piede sbagliato. Alla facoltà di Lettere di Firenze più di uno studente su due non supera la prova: molti non sanno il significato di parole come “velleità ” o “procrastinare”.
Alla facoltà di Ingegneria di Genova è passato soltanto il 45% degli studenti, mentre a Bologna la stessa percentuale, se ci fossero i voti, non prenderebbe neanche una stringata sufficienza. I neodiplomati fanno appena in tempo a iscriversi all’università e già vengono consigliati o obbligati a frequentare i corsi di recupero. La prima “diagnosi” sul grado di preparazione delle matricole fatta da alcuni atenei preoccupa chi sale in cattedra.
A Economia, a Genova, la maggioranza è andata in crisi su quesiti apparentemente facili come “cos’è la Cgil?” e “cos’è Finmeccanica?”. A Firenze, sempre a Economia, una matricola su quattro non raggiunge la sufficienza. A Palermo nel test di Giurisprudenza il 26% delle matricole ha debiti formativi da colmare nei prossimi mesi, a Bari non arriva alla sufficienza poco meno del 40% dei candidati che si sono appena iscritti a Scienze agrarie, forestali e Tecniche alimentari, mentre nei tredici corsi di laurea di Scienze matematiche, fisiche e naturali la media dice che circa il 30% non raggiunge la soglia minima della sufficienza. Va meglio il Politecnico di Torino dove è risultato carente in matematica il 15% degli oltre 4mila neodiplomati, mentre a Economia quelli che non hanno superato la prova sono un decimo. Per i bocciati non si chiudono le porte dell’università . Semmai si aprono le aule per i corsi di recupero dove si corre a riempire le lacune.
I numeri da soli non bastano a fotografare il problema dell’impreparazione: per capire su che cosa “cadono” di più i ragazzi bisognerà analizzare nel dettaglio le risposte. Ma i primi risultati già evidenziano l’allarme: le difficoltà si concentrano spesso sulla povertà lessicale e sulla comprensione dei testi. “Siamo preoccupati – dice la preside di Lettere dell’ateneo fiorentino, Franca Pecchioli – quello che proponiamo noi non è un test culturale ma sulla comprensione di un brano e sulla grammatica. Se le matricole oggi non sanno dov’è il Mar Nero, pazienza. Glielo insegneremo strada facendo. Ma se non sono in grado di seguire quando parla un docente durante una lezione perché non conoscono il significato di certe parole, allora è più grave”. Racconta Elio Franzini, preside di Lettere alla Statale di Milano: “L’anno scorso, insegnando ai primi anni a Filosofia, chiesi chi avesse letto Proust. Alzarono la mano tre studenti su cento, e quasi nessuno aveva idea di chi fosse l’autore di “Delitto e castigo””.
Non si stupisce della débâcle nei test di valutazione Nicoletta Maraschio, presidente dell’Accademia della Crusca. “Da tempo diciamo che la formazione per l’italiano è carente – sottolinea -. Oggi la lingua ha una sua complessità . La si usa per sms, chat, blog, ma anche per tesi, relazioni, saggi, oltre che per parlare. Bisogna attrezzare i ragazzi a una mobilità in spazi linguistici diversi senza demonizzarne nessuno”. C’è poco da stare allegri: i risultati negativi dei test di valutazione delle matricole non sono dovuti a scarso impegno e leggerezze. Lo dimostra il fatto che le difficoltà sono trasversali alle facoltà . Ed emergono anche in altre prove cruciali, dove il risultato del test è determinante per l’ammissione. Ad esempio a Palermo, nel questionario per l’accesso a Scienze della formazione, i più non hanno riconosciuto l’errore nell’attribuzione della “Nausea” a Moravia anziché a Sartre e non sono stati in grado di indicare il Paese dove si trova la penisola istriana.